Rossella fin da bambina era stata molto sensibile e timida. Durante gli anni del liceo non era stata una ragazza molto popolare, a causa della sua timidezza.

Per questo motivo si ere dedicata intensamente allo studio e poiché era dotata di una intelligenza vivace e curiosa aveva ottenuto dei risultati accademici di notevole rilievo.

Aveva conseguito la laurea in medicina con il massimo dei voti ed era in procinto di cominciare la specializzazione in cardiochirurgia. Come da sua abitudine, l’esame di amissione alla specializzazione era stato talmente brillante, che nella graduatoria degli specializzandi di quell’anno era risultata la prima.

Rossella voleva liberarsi dalla sua timidezza.

Si rivolse a me indirizzata da comuni conoscenti.

Io le proposi alcune sedute di meditazione guidata della durata di un’ora per due volte a settimana, per quattro settimane e poi di continuare, per conto suo, per altre otto settimane, meditando venti/venticinque minuti al giorno. Dopo le otto settimane ci saremmo rivisti per vedere se la cosa funzionava.

Mi disse che voleva pensarci e che mi avrebbe fatto sapere.

La rividi qualche settimana dopo e mi confessò di essere molto scettica, ma che provare, in fondo, non le sarebbe costato poi tanto.

Mi impose solo una condizione: se lo avesse ritenuto opportuno voleva smettere, senza ulteriori “formalità”.

Accettai di buon grado la sua condizione.

Durante le prime quattro settimane di meditazione guidata la feci esercitare su un tema specifico: come sentire nel proprio corpo le sensazioni spiacevoli causate dal ricordo di situazioni relazionali concrete in cui non si era sentita a suo agio. Le chiesi di provare a lasciarle passare appena avvertiva nel suo corpo queste sensazioni spiacevoli. Finito il periodo di meditazione guidata le dissi di continuare per conto suo esercitandosi sullo stesso tema per otto settimane. Finito questo periodo doveva poi provare ad affrontare una situazione in cui era certa che la sua timidezza l’avrebbe bloccata, cercando invece di comportarsi in modo estroverso. Ci saremmo poi visti per capire come era andata.

La incontrai nuovamente per sapere se potevo chiudere il mio intervento oppure no.

Mi riferì, che con sua estrema sorpresa, a parte i primi momenti di imbarazzo, nella situazione in cui le avevo detto di “mettersi” adottando un atteggiamento estroverso era stata molto spigliata e divertente. Cosa era successo? Semplicemente la mente di Rossella aveva capito come essere estroversa.

Ora Rossella gode piacevolmente della compagnia delle sue numerose nuove amicizie.

 

N.B. = Il caso indicato è vero ed è un caso in cui ho potuto efficacemente aiutare una persona che ha poi risolto definitivamente il problema, tuttavia, per motivi di riservatezza, luoghi e nomi sono stati modificati in modo da non essere identificabile la persona.