Nel senso comune il concetto di allenamento o di allenare è generalmente legato allo sport, ovvero è un concetto legato al corpo. L’allenamento consente al corpo di migliorare le proprie prestazioni fisiche, ad esempio, aumentare la velocità nella corsa, la resistenza alla fatica e così via. E’ interessante notare che per chiunque è immediato “avere coscienza” che una prestazione fisica (correre, salire le scale, sollevare un peso, …) viene concretizzata attraverso un “meccanismo anatomico” il corpo. Il corpo, poi ha le sue “regole di funzionamento” violare le quali comporta dei danni temporanei o permanenti, a seconda dei casi. Allenare il corpo significa conoscere queste regole ed utilizzarle a vantaggio dell’aumento della prestazione fisica.

Molto meno immediato e conosciuto è che ciascuno di noi pensa, sogna, prova dei sentimenti, è cosciente della realtà che lo circonda tramite un “meccanismo anatomico”: il cervello. Il cervello ha anch’esso le sue “regole di funzionamento” violare le quali comporta delle conseguenze più o meno gravi. Negli ultimi anni le neuroscienze (è indicato con questo termine un corpus molto ampio di discipline scientifiche che hanno come scopo la comprensione dei “meccanismi” di funzionamento del cervello) hanno fatto grossi passi in avanti nella comprensione dei meccanismi di funzionamento della mente. Il livello di perfezione delle neuroscienze è tale da permettere a tutti noi, che non siamo ricercatori, di praticare delle strategie per aumentare le prestazioni della nostra mente: di allenare la mente. L’allenamento della mente ha dei vantaggi maggiori rispetto all’allenamento del corpo. Pensiamo, ad esempio, come migliorerebbe la nostra vita se potessimo evitare, in alcune situazioni, di essere preda delle emozioni ed affrontare le medesime situazioni in modo razionale e costruttivo, invece che in modo distruttivo. Immaginiamo come sarebbe gratificante avere un metodo per imparare facilmente una lingua straniera, che ci occorre per ottenere quella promozione al lavoro che desideriamo da anni, e così via. Ebbene oggi, mettendo a frutto le scoperte delle neuroscienze, tutto ciò è alla portata praticamente di tutti. Ovviamente le neuroscienze non consentono a chiunque di avere delle prestazioni “intellettuali” eccezionali, così come l’allenamento sportivo non consente a tutti di diventare dei campioni sportivi.

Per spiegare come la mente può essere vantaggiosamente allenata racconterò la storia di un mio compagno di corso quando studiavo Economia a Roma: Giovanni. Giovanni era lo studente più brillante del nostro corso. Preparava ogni esame velocemente ed otteneva quasi sempre il massimo del voto. Come era possibile ciò? Allora non riuscivo a spiegarmi come facesse. Qualche anno dopo lo incontrai nuovamente, per motivi professionali, era diventato un leader nella vendita di tecnologia informatica industriale, grazie ai suoi talenti.

Gli chiesi allora come avesse fatto ad ottenere, così facilmente, quei voti così alti all’università.

Giovanni mi raccontò la sua storia. Quanto era bambino ed adolescente sua madre gestiva un piccolo negozio di abbigliamento per signora. Il piccolo negozio aveva un retrobottega con una piccola scrivania e Giovanni andava in negozio a fare i suoi compiti nel retrobottega, per non restare solo a casa. Dopo avere fatto i compiti si soffermava ad osservare la madre che intratteneva le clienti. Poiché aveva un acutissimo spirito di osservazione, negli anni, aveva sviluppato una enorme capacità di osservare le clienti: il tono della voce, la postura, l’espressione del volto. Alla fine era perfettamente in grado di capire cosa volessero le clienti e se erano soddisfatte di quello che la madre proponeva loro. Ben presto Giovanni scoprì che questa sua abilità era molto vantaggiosa a scuola. Seguendo le lezioni era in grado di capire quali argomenti erano importanti per i suoi insegnanti e addirittura, dopo qualche anno, era in grado di prevedere le domande che questi avrebbero fatto agli esami e/o alle interrogazioni. La sua abilità era così spiccata da sembrare magica. A questo punto gli esami, per Giovanni, erano un gioco. In pratica affrontava gli esami all’università sapendo già quello che gli avrebbero chiesto. Questa abilità, dopo aver finito l’università, lo resero un venditore di eccezionale produttività. Era in grado di capire cosa volessero i suoi clienti in modo più chiaro di quanto lo sapessero i clienti stessi. Le aziende se lo contendevano a suon di aumenti retributivi.

Giovanni, pur non avendo nessuna nozione di neuroscienze, era riuscito, per puro istinto personale, a trasformare in cosciente il bombardamento di informazioni che tutti noi riceviamo dall’ambiente circostante e che, normalmente, passano al di sotto della nostra coscienza e sfruttare, abilmente, queste informazioni a suo vantaggio. Il meccanismo con cui succede questo è oggi molto conosciuto.

La storia che ho raccontato può farci capire quante e quali risorse possiede la nostra mente, che, solitamente, non utilizziamo. Per essere utilizzabili queste risorse devono essere adeguatamente allenate.

Concludo questo breve articolo introducendo un nuovo concetto: la super-compensazione. La super-compensazione è un concetto molto noto agli allenatori sportivi. Essa consiste nel chiedere all’atleta, che si sta allenando, di superare, di poco e costantemente, i propri limiti nella prestazione sportiva. Il corpo, che è plastico, si adatta a questo nuovo livello superiore di prestazione e si auto-modifica, fisiologicamente, fino a che il nuovo livello di prestazione superiore diventa normale. In questo modo allenandosi costantemente la prestazione aumenta continuamente e si raggiungono le prestazioni di picco. Il cervello ha un plasticità simile a quella muscolare. Se super-compensiamo le nostre capacità mentali esse, inevitabilmente, aumentano. Purtroppo la mente ha una brutta abitudine: innesta il pilota automatico. Appena abbiamo acquisito una abilità questa passa dal livello cosciente a quello sub-cosciente: ad esempio è esperienza comune che, dopo un poco di tempo che abbiamo ottenuto la patente di guida, guidiamo la nostra vettura in modo naturale senza quasi più pensare a quello che facciamo. Questa specie di pilota automatico non ci consente di aumentare le nostre capacità mentali e costituisce, in alcune condizioni, un grosso problema, soprattutto nella gestione dello stress patologico.